Si può definire come:
"percorso che va dalla lettura del bisogno legato a una situazione di handicap all’uso efficiente (cioè fruibile e ottimizzato) di soluzioni appropriate ed efficaci (ausili e tecniche che raggiungono gli obbiettivi per cui sono stati proposti)".
Non va perciò confuso con il percorso complessivo di integrazione scolastica del bambino con disabilità, di cui è un sotto-insieme limitato nel tempo e nei contenuti.

Il percorso ausili non è una temporanea alternativa al percorso scolastico (o riabilitativo, sociale,…) ma ne è parte integrante, costitutiva: ausili, didattica e dinamiche di classe sono dimensioni correlate e interdipendenti.

Perché questa affermazione, in apparenza scontata?

In primo luogo perchè verifichiamo che in molti casi si tende a pensare che il problema della ricerca dell'ausilio per l'alunno disabilie sia affare dell'insegnante di sostegno o dell'educatore, che insieme all'alunno "escono dal flusso principale" delle attività per ritornarvi con la nuova dotazione di strumenti.
Per maggiore chiarezza, prendiamo l’esempio concreto della malattia di un bambino: per un certo periodo l'alunno esce dal percorso scolastico, viene seguito da specialisti (interni ed esterni alla scuola), fino a quando, finalmente guarito, non è in grado di re-inserirsi nella classe che, nel frattempo, ha continuato il suo percorso senza modificarlo. Così non può certo essere per il bambino con disabilità, che non è il “portatore di handicap” che possa essere “normalizzato” con l’adozione di ausili proposti da specialisti senza che insegnanti e classe ne siano toccati: la sua presenza e le difficoltà che emergono evidenziano la necessità di una ridefinizione dei fattori complessivi della situazione.

Percorso 1: non può funzionare nel caso degli ausili !

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